La quotidianità tra realtà e fantasia
Cos’è il deep fake?

Una tecnologia piuttosto recente, definita dalla Treccani come “un filmato che presenta immagini corporee e facciali catturate da Internet, rielaborate e adattate a un contesto diverso da quello originario, tramite un sofisticato algoritmo”. In altri termini, il caso concreto è il fenomeno di FaceApp, applicazione in cui tramite l’utilizzo di filtri è possibile rendere il volto di un soggetto invecchiato.
Ma il Deep Fake non è solo un gioco, a tratti divertente, ma è anche un tunnel profondo in cui la possibilità di furto di dati personali è molto alta. Infatti, tramite l’applicazione sopra citata, è possibile creare e riprodurre video assolutamente falsi, ma verosimili, partendo, ad esempio, da foto e immagini di una persona reale, integrando anche il suo tono di voce.
Sono App che monetizzano i dati?
La monetizzazione dei dati è forse uno degli obiettivi per cui si creano applicazioni che, per consentirne l’uso, hanno bisogno di alcuni dati, più o meno specifici, del soggetto utilizzatore. In questo caso, oltre ai classici nome e cognome, anche foto ritraenti sé stessi, o una persona a noi vicina.
A capo di FaceApp vi è la Wireless Lab, un’azienda di San Pietroburgo, la cui privacy policy non è mai stata chiara, e questo pone il dubbio che i dati raccolti non sono stati (e non sono) gestiti nel migliore dei modi. Dubbio ingigantito dal fatto che la società ha nel frattempo raccolto milioni di foto sulle quali allenare i loro algoritmi di machine learning (algoritmi utili all’elaborazione del prodotto finale),
Grazie ad un articolo de “il sole 24 ore”, abbiamo conosciuto artisti come Hidreley Diao, di origine brasiliana, che si allena su immagini raccolte in rete cercando sosia dei cartoni animati, utilizzando tool, come Remini, Gradiente e Photoshop, postando, poi, su Instagram il risultato finale.
Ma c’è anche YassifyBot, alias Denver Adams, che su Twitter, modifica con FaceApp i volti dei personaggi famosi trasformandoli in opere d’arte. Il suo obiettivo lo potremmo, però, definire nobile, perché vuole far riflettere sul potere manipolatorio della computer vision e, più in generale, dell’intelligenza artificiale applicata tanto alle immagini quanto ai filtri presenti sui social.
Il processo
Come affermato da chi se ne occupa quotidianamente, il processo è semplice. Si parte da un personaggio, si cercano foto simili e con il machine learning si fondono le immagini, raffinando il tutto con un programma di editing. Fin qui ci siamo, ma il problema nasce nel momento in cui ci si sofferma sul fatto che in rete di tool ne esistono a quantità indefinita, e questi, inevitabilmente, attingono ad una banca dati in cui vi sono migliaia di volti, e magari anche i nostri.
Infatti, non possiamo escludere che, involontariamente, possiamo aver dato il consenso all’uso della nostra immagine. Quasi sempre il consenso lo diamo semplicemente utilizzando l’app, scattando foto o modificando foto.
Deep nude
Il Deep nude è l’alternativa al Deep Face, ed è una tecnologia che consiste nel manipolare i volti e i corpi di individui, non a conoscenza di ciò, su corpi di altri soggetti, nudi, in situazioni compromettenti o in atti dalle connotazioni sessuali.
Recentemente sono emersi i primi casi di Deep Face nel cyberbullismo connessi a casi di revenge porn. La prassi è la seguente: la persona presa di mira diventa il protagonista di immagini e video pornografici, che non sono mai stati girati e che possono essere usati per denigrare, ricattare o vendicarsi di qualcuno.
Conseguenze e soluzioni
La conseguenza di questa tecnologia è senz’altro quella della diffusione di dati, involontariamente, dandoli “in pasto” a chiunque operi nella rete, la quale potrebbe danneggiare la reputazione e la credibilità del soggetto protagonista di foto o video.
Timore amplificato specie con riguardo ai dati dei minori, i quali spesso si ritrovano vittime di questa terrificante tecnologia, che illude sulla realtà, dispiegando la fantasia, soprattutto attraverso i ritocchi di immagini.
È necessario conoscere questo fenomeno e cercare di proteggersi, come? Anzitutto diffondendo quanto più limitatamente possibile le proprie immagini, e al minimo dubbio circa la veridicità di quello che abbiamo davanti, segnalare e bloccare.
Resta aperta la finestra di richiesta di aiuto, rivolgendosi alle autorità di polizia (Polizia postale), o al Garante per la protezione dei dati personali, se si ritiene che si siano dei reati in atto. Sicuramente dovremmo educare chiunque a chiedere aiuto, soprattutto rendendo agli occhi dei minorenni quanto più protettiva la figura dei genitori e degli insegnanti.
A tal proposito, vi è una helpline di Generazioni Connesse, il cui obiettivo è quello di supportare i giovani e le famiglie ad affrontare il rapporto con le nuove tecnologie, offrendo loro strumenti informativi e critici utili a promuovere un uso positivo della rete e a prevenire possibili situazioni di pericolo, garantendo uno spazio di ascolto e confronto https://www.generazioniconnesse.it/site/it/0000/00/00/helpline/#:~:text=Se%20hai%20bisogno%20d’aiuto,cui%20si%20trova%20un%20minorenne.
Per approfondimenti: https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Deepfake+-+Vademecum